L’origine delle campane è antichissima e si fa risalire al 2000 a. c. in paesi che vanno dalla Cina, India, Egitto, Grecia all’Italia. La loro forma variava anche di molto da paese a paese, in dipendenza della cultura e della destinazione specifica dell’uso.
Per designare questo tipo di strumenti metallici si usavano termini diversi da quello attuale.
In Grecia lo si conosceva come còdon, indicante il fiore del papavero.
A Roma, invece, s’impose il vocabolo onomatopeico tintinnabulum, che rappresenta il primo termine di identificazione della campana “cristiana”.
Il termine “campana” nasce nell’Alto Medio Evo quando il Vescovo di Nola, Paolino (409-431) avrebbe favorito la produzione per uso liturgico dei vasa campana (letteralmente: vasi della Campania) o campane, per l’appunto.
Le prime campane erano in lamina di ferro battuto, ma solo a partire dai secoli VII-VIII risalgono i primi esemplari ottenuti da fusioni in bronzo.
La più antica campana in bronzo in Italia è la piccola campana ritrovata a Canino presso Viterbo (presumibilmente nel sec. VII-VIII).
Negli anni successivi, si rivoluzionò sia l’aspetto che la funzione della campana:
si passò dalla foggia “a ciotola” dei tintinnaboli alla forma caratteristica “a calice” della campana moderna;
si abbandonò l’impiego del ferro e si impose definitivamente un tipo di bronzo dalla elevata percentuale di stagno che permetteva di costruire campane più grandi e dalle pareti più spesse e mantenere un maggiore controllo della forma della campana. Nascevano le campane che emettevano suoni sempre più armonici;
vennero fusi, dapprima ad opera dei monaci, esemplari di notevoli dimensioni e issati su campanili (Papa Stefano II, nel secolo VIII, fece erigere in S. Pietro una torre campanaria con tre campane);
la campana assunse il ruolo di strumento di comunicazione di massa, prima con finalità religiose, poi assolvendo anche a compiti civili, non ultimo della scansione delle ore e dei quarti.
Le prime fonderie stabili risalgono al 1500. Prima di questa data l’opera di fusione avveniva per parte dei fonditori itineranti che andavano di luogo in luogo, trasportando il materiale necessario. I “cantieri” allestiti ai piedi dei campanili, permettevano di superare l’ostacolo costituito dal trasporto dei grandi bronzi, in tempo in cui i mezzi e le vie di comunicazione erano poco agevoli.
Agli inizi le campane erano appese alle grandi travi che componevano i tetti delle navate, più precisamente al limite tra la navata ed il presbiterio, in modo che potessero essere suonate facilmente dal celebrante. Suonare le campane infatti era in origine compito esclusivo dei Sacerdoti. In seguito fu trasferito tale incarico ad un “campanaro”, dovutamente istruito nell’ufficio.
Nella civiltà rurale le campane hanno sempre avuto il compito di suonare all’arrivo di grossi temporali o grandine, nella speranza di allontanarli e quindi salvare i raccolti.
Durante la seconda guerra mondiale migliaia di campane in tutta Europa furono rimosse per essere rifuse e trasformate in armi. Al termine del conflitto molti bronzi bellici fusi tornarono a suonare nelle chiese e nelle cattedrali come avvenne per la campana del Duomo di Santo Stefano a Vienna. Nel Meridione d’Italia fu l’“Antica Fonderia Giustozzi” di Trani a restituire alle chiese le proprie campane.
La campana più grande del mondo si trova in Russia ed è la famosa “Campana dello Zar” nel Cremlino a Mosca. Venne fusa nel 1736, terminata la colata e trascorsi alcuni giorni di raffreddamento, stava per essere issata dalla fossa di fusione, quando a causa di un incendio le operazioni vennero fermate e l’acqua gettata per spegnere le fiamme causò una grande incrinatura; dalla campana si staccò un enorme frammento, che da solo pesava 11 tonnellate. La campana, inutilizzabile, venne dunque sotterrata, ma dopo la metà del XIX secolo venne nuovamente riportata in luce e issata su una piattaforma sotto la torre di Ivan il Grande. Ha un diametro di 6,82 m e dovrebbe pesare 198 tonnellate.
Questa è la storia della Campana dello Zar che troviamo riportata in alcuni testi. Ma pare che esista anche un’altra versione dei fatti accaduti: una leggenda popolare tramandata e non documentata. Si narra infatti che la campana, una volta realizzata, fu regalata dallo Zar alla Regina la quale, non gradendo il dono, la fece buttar giù da una scarpata e si ruppe.